UN’ITALIA BELLA:
Le storie Dall'uomo che viveva in auto al bambino trapiantato
Articolo tratto dal “Corriere della Sera”
L'angelo invisibile di Milano che aiuta chi è
rimasto indietro
Salda i
debiti e paga gli affitti.
«Ho lavorato nelle grandi banche e so
che ci sono centinaia di manager che potrebbero farlo».
L'uomo che fa vivere la speranza ha
appena trovato casa a un disoccupato domiciliato da due anni in una vecchia auto.
Si è presentato nel quartiere Stadera e ha bussato a una portiera chiusa. Gaspare
Tumminello dormiva lì, con la barba sfatta, i denti persi e una storia da
disperato involontario: fino a 46 anni gestiva un bar,
faceva su e su, insomma se la cavava. Poi i debiti, i prestiti, la malattia. Ha
perso tutto. A 54 anni senza sussidio e con un tumore
si fatica a mangiare e non si riesce a pagare l'affitto: si sprofonda sempre di
più.
«Milano è dura e spietata, ma non si può
vivere così», ha esordito l'uomo arrivato con l'intenzione di dargli una mano. In una settimana la vecchia auto è finita
in un box; Tumminello oggi dorme in un letto: affitto pagato, spese comprese.
Il mestiere dei poveri è quello di doversi arrangiare, ma se qualcuno li aiuta
il futuro fa meno paura: si può ritrovare una strada e la dignità. Tumminello
quasi incredulo ha ringraziato; l'uomo gli ha messo in tasca un assegno: «Se
deve mangiare qui c'è il necessario. Faccia le sue
cure e speriamo bene. Una raccomandazione: non si arrenda».
Come hanno fatto gli altri milanesi in difficoltà sovvenzionati, aiutati,
indirizzati dall'invisibile signore che si materializza all'improvviso e poi
sparisce come Nembo Kid.
È stato così per Noemi, una pensionata
finita nel girone dei poveri, indebitata con la banca per tenere nel decoro uno
scalcinato alloggio popolare in viale Molise. Voleva un frigorifero, ma non era in grado di pagarlo: così ha raccontato
al Corriere il suo problema, la vergogna di chi deve lottare ogni giorno per
non finire nel tunnel del degrado: «Sono a un passo dal chiedere l'elemosina».
L'uomo della provvidenza si è presentato a casa sua: «Andiamo in banca a
mettere in salvo il conto», le ha detto. Ecco il frigorifero. E gli occhiali
nuovi, se servono. Tenga un po' di contanti per le spese dei prossimi mesi. Mi
faccia sapere come va...
C'è una carità spontanea, quotidiana,
che attraversa Milano. Non cerca pubblicità e non vuole il suo nome sui
giornali. È la carità che non conosce
altra regola se non quella di regalare un frammento di umanità e di speranza a
chi si è messo (o è stato messo) ai margini della società. Bisogna far sapere
che esiste. Ci dice che non tutto è peggio, che non ci sono solo cattive
notizie, pugni in faccia per i cittadini. Salvatore Jacono l'ha sperimentato coi suoi figli. Si lamentava di essersi indebitato per farli
studiare. E di essere costretto a lavorare di giorno e di notte per evitare
l'incubo degli usurai. Niente cinema, niente pizzeria, niente vacanze per
qualche anno. Non è bastato. Prosciugato lo stipendio da ferroviere e quello di
portiere d'albergo ha dovuto stendere la mano e chiedere l'elemosina. Il suo
angelo, lo stesso di Gaspare, lo stesso di Noemi, è arrivato quando non se l'aspettava più. «Ci penso io a far studiare i figli», gli
ha detto. «Adagio adagio chiuderemo anche i debiti. Mi tenga informato, con le
pagelle del ragazzo e il libretto dell'università...».
Se la vita significa cercare momenti
felici è bello sapere che c'è qualcuno che ci aiuta a
trovarli. L'uomo della solidarietà che
appare e scompare dice che viviamo chiusi in troppi egoismi. «Ho lavorato nel
mondo delle grandi banche e posso garantire che ci sono centinaia di manager
con entrate milionarie che potrebbero fare quel che ho fatto io: ma forse
voltano la pagina di cronaca, preferiscono quella degli spettacoli...». Anche il piccolo Mohamed fra qualche anno ringrazierà
questo anonimo signore. Per sopravvivere a una rara malattia genetica che aveva
distrutto le sue difese immunitarie i suoi genitori hanno lasciato la Tunisia.
I medici del Policlinico di Pavia erano pronti al trapianto: gli unici in
Europa.
Ma serviva un donatore di midollo osseo
compatibile. Per tre anni sono stati lanciati appelli alle tv italiane e arabe. Niente. Il padre di Mohamed, docente
universitario in Tunisia, per pagarsi le spese si è adattato a fare la raccolta
differenziata in ospedale. La nascita di un fratellino ha permesso il
trapianto. Ora il bambino è fuori pericolo, ma la famiglia è al collasso: serve
aiuto. Tradotto: solidarietà economica. Ed è arrivato lui. Ha trovato una casa
decorosa, ha dato un aiuto al padre, ha pagato una vacanza a Mohamed: la prima
della sua vita. Pagherà anche il viaggio di rientro della famiglia in Tunisia,
alla fine dei controlli medici.
C'è nel Paese una solidarietà che a
volte non appare. La povertà soffre in silenzio:
chissà quanti altri casi sono stati risolti così. Con la generosità discreta di un
anonimo cittadino. Messe in fila le storie positive di Milano però sono tante.
Diventano notizie. Good news . Anna e Virginia, per esempio. Madre e figlia
impoverite dalle malattie e dall'impossibilità di mantenere un posto di lavoro
per potersi curare. Si è presentato lui, stupito: come mai nessuno si è offerto
di aiutare due donne senza stipendio e senza pensione? Così ha staccato un
assegno, per superare l'emergenza e affrontare la vita con un sorriso.
«L'anomalia non sono io», ha detto. «È chi volta le spalle a chi è stato
sconfitto dalla vita».
Così ha dato una mano anche ad Aldo,
pensionato che accudisce i bambini di una coppia senza
casa. Abita al quartiere Calvairate e
corre tutto il giorno in auto per portare i bimbi a scuola nel centro di
Milano. I genitori rientrano la sera, poi vanno a dormire separati in attesa di
un alloggio popolare che da dieci anni non arriva mai: i richiedenti a Milano
sono 22 mila. Per Aldo il problema era l'Ecopass: la
sua vecchia auto doveva pagare il pedaggio. Troppo per chi con 450 euro al mese
vive accontentandosi di poco. L'uomo della speranza gli ha regalato un'auto,
bollo e assicurazione pagati.
Perché tutto questo? «L'ho
spiegato ai miei figli. Chi ha, deve aiutare chi non ha. Il valore dei nostri
gesti è direttamente proporzionale a
quello di cui ci priviamo per aiutare gli altri. Credo abbia più peso il gesto
di un pensionato che rinuncia a venti euro che non quelli come me, che non
devono rinunciare a nulla. Nemmeno al superfluo». C'è
un'umanità di cui dobbiamo sentirci responsabili, dice il cardinal Martini. Può
essere utile parlare della solidarietà che risolve certi casi disperati
accontentandosi della gratitudine, quella che Emily Dickinson chiamava «la timida
ricchezza di coloro che non posseggono nulla».
Giangiacomo
Schiavi (Corriere della Sera)