Incontro con la signora Giuliana Lucci Martini

Tutto cominciò nel 1941. Lui si trovava in convalescenza in questa che era la sua casa. Io abitavo con la mia famiglia nello stesso palazzo. Ci siamo visti dalla finestra quando tornavo da scuola. E’ scoppiato un grandissimo e lunghissimo amore che dura da 71 anni anche se lui è “andato avanti” il 17 luglio del 2008”. 

Sono queste le meravigliose parole di sintesi con cui inizia il nostro “Incontro” con la signora Giuliana Lucci, Patronessa della Sezione di Roma dell’Associazione Nazionale del Fante e vedova del nostro compianto Socio, il Generale Franco Martini.

Un “Incontro” meraviglioso, con una persona stupenda, animata da ideali fortissimi e piena di ammirevole vitalità e lucidità nonostante gli 89 anni di età. Una memoria straordinaria per i tanti particolari che hanno connotato la sua vita. Ma lasciamo a lei l’incombenza di raccontarci la vita sua e del Generale Martini.

Franco era figlio di un Magistrato, ma fu bocciato all’esame al Liceo. Allora il padre gli disse: o studi o trovati un lavoro. Allora i ragazzi non rimanevano in famiglia tanto tempo come oggi.  Franco si arruolò come Soldato e fu assegnato a Genova. Poi è stato per tre anni in Libia ove ha guadagnato il grado di Sergente. Successivamente ha frequentato l’Accademia Militare di Modena per il passaggio da Sottufficiale ad Ufficiale e lì ha avuto il grado di Sottotenente. Allo scoppio della guerra, ha partecipato prima alle operazioni alla Frontiera Occidentale e poi è stato mandato in Grecia ove ha avuto un avanzamento per merito di guerra”.

Insomma, una carriera che nasce “dalla gavetta” e le promozioni guadagnate “sul campo”.

“Quando, nel 1941, dopo l’incontro dalla finestra, ci siamo fidanzati, avevo 17 anni. Franco era in convalescenza perché era rientrato dal fronte greco-albanese ove aveva combattuto con il 32° Reggimento “Siena” ed aveva subito il congelamento ad un piede. Sono nata  in via Cola di Rienzo e questa zona dei Parioli era sostanzialmente estrema periferia della città.

Terminata la convalescenza, Franco fu assegnato al 39° Reggimento a Napoli. Quando poteva, veniva a trovarmi la domenica oppure telefonava con il telefono a gettoni. Ben altri tempi allora! Oggi tutto è cambiato; viviamo in un altro mondo che accetto, ma con cui non ho contatto. Non emetto giudizi perché abbiamo fatto sbagli anche noi.

Successivamente, Franco andò in Sicilia (siamo alla fine del 1941) per preparare un Battaglione motorizzato che doveva partire per l’Africa settentrionale”.

Nello studio del Generale Martini, ove tutto sembra essere rimasto così com’era al momento della sua dipartita, vi è una simpaticissima “pergamena” in cui è disegnata la “pianta organica” della Compagnia affidata all’allora Tenente Martini con i nominativi di tutti gli Ufficiali, i Sottufficiali ed i Soldati che componevano quella Unità.

Ma era destino che Franco non andasse in Africa settentrionale. Fu, infatti, trasferito all’ 81° Reggimento di Fanteria “Torino” che era di stanza a Roma, in una caserma nella zona della Pineta Sacchetti. Comandava la 11^ Compagnia. Ed il 24 maggio del 1942, partì per il fronte russo. Quando è partito mi ha dato uno stemma del Reggimento e mi ha detto: me lo ridarai quando torno”.

Sul fronte russo furono impiegati prima il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) e successivamente l’Armata italiana in Russia (ARMIR). Il CSIR era composto dalle Divisioni “Torino” (cui appartenevano l’81° e l’82° reggimento di fanteria), “Pasubio” e “3^ Celere”, nonché Unità dei Supporti e Servizi ed un’aliquota della nostra Aeronautica: lo comandava il Gen. Giovanni Messe. Nel suo ciclo operativo di 10 mesi (fino alla primavera del 1942), il CSIR penetrò in territorio russo per oltre 1500 km, fino al Donetz.

In vista di ulteriori e più gravosi impegni operativi, furono inviate in Russia altre 7 Divisioni per costituire l’ARMIR, articolata su tre Corpi d’Armata (II, Corpo d’Armata Alpino e lo stesso CSIR). In totale circa 230.00 uomini. La comandava il Gen. Italo Gariboldi.

Ma ritorniamo ai ricordi della signora Giuliana.

“In Russia, Franco fu fatto prigioniero il 21 dicembre del 1942 sul Don. E’ tornato dopo quasi 4 anni! Mi ha raccontato che quando è stato catturato era rimasto indietro rispetto al suo reparto perché insieme all’Alfiere del Reggimento (il Sottotenente Nigro) ed al Comandante di Battaglione (il Maggiore Paglia) stavano tentando di salvare la Bandiera del Reggimento, facendola a pezzi per sottrarla al nemico e per poterne conservare almeno qualche brandello. Sembrano fatti storici, ma, per noi che li abbiamo vissuti, sono eventi vicinissimi perché nessuno di noi li ha dimenticati”.

E la signora Giuliana indica con profondo orgoglio un quadro ove è racchiusa la foto di un lembo di quella Bandiera, la Bandiera dell’81° Reggimento “Torino”.  La stessa sorte è toccata alla Bandiera dell’82° (Reggimento “fratello” dell’81°) il cui Comandante (Col. Di Gennaro), caduto durante un aspro combattimento fu sepolto con la “sua” Bandiera messa sotto la giacca. La salma del Col. Di Gennaro non è mai stata trovata.

Nella foto qui sotto potrete invece vedere il quadro con i resti “originali” della Bandiera dell’81° Rgt. “Torino” in occasione di una cerimonia del 1995, al rientro dei resti mortali di alcuni Soldati italiani Caduti in URSS. La cerimonia ebbe luogo a Ronchi dei Legionari e, nella foto, rende omaggio a questa “Bandiera” l’allora Ministro della Difesa Domenico Corcione.

Franco fu catturato da una pattuglia russa e, dopo varie peripezie, fu portato, nel gennaio del 1943, al campo 160 di Suzdal, vicino a Vladimir.

Il Gen. Martini, nel suo libro “Fui prigioniero in Russia” ha fornito un dato impressionante: nel lager sovietico n. 160 sono entrati 2.800 prigionieri italiani. Di questi sono sopravvissuti solo 400!!! Cioè circa il 14%. Questi dati percentuali sono “agghiaccianti” anche perché ben più elevata è la percentuale dei sopravvissuti dai Lager tedeschi.

I prigionieri italiani catturati dai Russi sono stati complessivamente oltre 90.000. Di questi sono tornati solo poco più di 10.000.

 

I Russi erano spietati; furono fucilati anche alcuni ufficiali all’atto della cattura. Nel campo 160 vi era un convento di Frati che erano stati eliminati durante la Rivoluzione dell’Ottobre del 1917. Quel convento ora è stato trasformato in un Museo dell’Artigianato russo. Gli Ufficiali prigionieri furono sistemati in una stanza di questo convento. 16 persone in una sola stanza. Scoppiò subito un’epidemia di tifo petecchiale che colpì anche Franco.

La signora Giuliana è “Fante” nel sangue e nell’anima quando afferma con una punta di vibrato orgoglio che:

La tragedia russa sembra sia stata una vicenda che ha interessato solo gli Alpini, ma in realtà, delle 10 Divisioni dell’ARMIR, solo tre erano alpine (Julia, Tridentina e Cuneense), mentre, a parte la 3^ Celere, ben 6 erano di Fanteria (Sforzesca, Cosseria, Ravenna, Torino, Pasubio e Vicenza).

Nei campi di prigionia russa vi era un rituale ben preciso: all’appello veniva enunciato il cognome e l’interessato doveva rispondere con il nome. I Soldati erano obbligati a lavorare ed erano mandati in Siberia nelle miniere di amianto ed altro materiale intossicante. Erano situazioni tremende. Quando sono stati, finalmente, aperti gli archivi del KGB, hanno trovato 40.000 schede di Soldati morti per inedia.

La signora ritorna ora sulle vicende personali.

Franco è stato prigioniero per oltre tre anni e mezzo. Il rilascio dei prigionieri fu graduale e per quelli come Franco, che non avevano aderito all’ideologia comunista, fu anche condizionato dalla data del 2 giugno 1946 in cui, in Italia, si ebbe il referendum sulla forma costituzionale dello Stato. Ricorrente era questa frase che girava nei campi di prigionia: se vince la monarchia non tornerete a casa. Negli oltre tre anni e mezzo di prigionia abbiamo ricevuto solo tre cartoline. La prima nel giugno 1943 e le altre due nell’agosto e nel dicembre del 1945. Una comunicazione di “conforto” (se si può dire) ci arrivò dalla Segreteria di Stato di Sua Santità che, nel maggio del 1944, ci comunicò che Franco era prigioniero in mano russa”.

La signora Giuliana, cui va tutta la nostra ammirata riconoscenza, ha voluto condividere con tutti i Fanti questi suoi sentimenti dandoci copia della corrispondenza citata che potrete leggere cliccando qui di seguito:

- lettera/cartolina del 28 aprile 1943,

- lettera dello Stato del Vaticano del 12 maggio 1944;

- lettera/cartolina del 28 agosto 1945;

- lettera/cartolina del 21 dicembre 1945.

Finalmente, dopo oltre tre anni e mezzo di prigionia, Franco sale sulla tradotta che lo riporterà in Patria. Un viaggio estenuante per la durata, 95 giorni, ma soprattutto per l’alternanza di timori e speranze. Un episodio agghiacciante accadde a Vienna quando ormai si cominciava a respirare aria di casa. Per incomprensibili motivi la tradotta stava per ritornare indietro, ma fortunatamente intervennero gli inglesi che rinchiusero la scorta russa in un vagone e continuarono il viaggio verso l’Italia”.

Siamo arrivati al momento bellissimo del nuovo incontro dopo tantissimo tempo.

Lasciamo ancora una volta la parola alla signora Giuliana.

“Arrivarono alla Stazione Termini con un treno della Pontificia Assistenza. Doveva arrivare alle 10.00 ed arrivò, invece, alle 19.00. Ad attenderlo io e la sorella perché la madre nella mattinata era stata male. Quando è arrivato l’ho abbracciato e ricordo, ora come allora, la sensazione del ruvido della sua giacca grigioverde. Fu il giorno più bello della mia vita. Uscendo dalla Stazione io e la sorella lo tenevamo stretto per le braccia perché avevamo paura che “sparisse”.

Arrivati a casa mi ha fatto il regalo più bello che abbia mai ricevuto: una piccolissima borsetta, ricavata dal panno grigioverde di una divisa su cui, ricamato con del cotone, vi era la scritta “Giuliana”.

La nostra straordinaria interlocutrice ci mostra la borsetta, toccandola con amorevole delicatezza, come una sacra reliquia.

Ci siamo sposati il 14 giugno del 1947. Franco indossava una divisa di tipo inglese.

Ammirate la bellissima foto del matrimonio. Quanta gioia e quanta tenerezza in quei volti giovanili!

 “Da allora ho seguito Franco in tutte le tappe e le sedi della sua carriera militare. 6 anni a Pesaro, un anno a Bologna come Ufficiale Selettore, poi a Falconara. Poi a Cesano di Roma ed a Roma. Dal 1963 al 1966 ad Imperia per il comando di Battaglione. E poi di nuovo a Roma fino al 68, quando ha terminato la carriera alla Rivista Militare.

Da allora in poi si è sempre occupato dei Caduti in Russia adoperandosi sia per il recupero dei corpi sia per il riconoscimento dei loro diritti.

Credo che non sia importante se una guerra è stata vinta o meno. Ma quello che è importante è il rispetto dei morti.

Ogni anno, Franco organizzava con l’UNIRR (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia) un raduno degli ex prigionieri ed era veramente stupendo il legame che li univa. Parlavano dei tanti episodi vissuti insieme ed ogni anno riprendevano il discorso esattamente da dove lo avevano lasciato l’anno precedente. Da tutto questo, ovviamente, le consorti erano piacevolmente escluse. Erano legami forti perché in prigionia si è “nudi” e se si diventa amici lo sarà per tutta la vita.

Mi ha lasciato il 17 luglio del 2008. Aveva 96 anni e la mia vita ora è così vuota!”.

Rimaniamo senza parole: ammirati ed emozionati di fronte a questa “ragazza” che trasmette sentimenti puri e nobili. Siamo tutti muti: l’estensore di queste note (Gen. Fiore), il Segretario della Sezione ANF di Roma Capitale (dott. Currò), l’Avvocato Iannicelli (figlio del Capitano Giorgio, pilota decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria, Caduto proprio in Russia nel dicembre del 1941) ed un fraterna coppia di amici della signora Giuliana, il prof. Ricciardelli e la signora Liliana.

Grazie infinite, signora Giuliana! Per questa lezione di elevata civiltà e di profonda etica che Lei ha dato anche a noi ormai non più “ragazzini”.

Ci ha fatto respirare “aria buona”, in un momento in cui questo nostro Paese per il quale tanti, come il Suo Franco, hanno profuso immani sacrifici, sembra invece “avvelenato” da aria insalubre per il decadimento di valori e di etica. Ancora e con i migliori sentimenti: “Grazie”!

 

Le Decorazioni e le Onorificenze del Gen. Franco Martini

- Medaglia di Bronzo al Valor militare,

- Croce di Ghiaccio o dei 4 fiumi (Dneper, Donetz, Don e Bug);

- Croce della 11^ Armata (fronte greco-albanese);

- Croce al Valor militare (assegnata dal Ministro della Difesa R. Pacciardi);

- 2 Croci al Merito di Guerra (assegnate nel 1949);

- Croce assegnata per anzianità di servizio militare;

- Medaglia militare al merito di lungo comando;

- Medaglia per il servizio militare prestato in Libia (assegnata nel 1939, a firma B. Mussolini).