ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL FANTE

Sezione di Roma Capitale

La Sezione è intitolata alla Medaglia d’Oro al valor Militare: Guido ALESSI

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Maggiore in Seconda Comandante della 6^ compagnia del 39° reggimento della brigata "Bologna"

Luogo di nascita: Roma (RM). Data del conferimento: 02/10/1922. Alla memoria.

Motivazione:

“Volontario di guerra, prese parte ad importanti azioni, animato sempre da grande entusiasmo ed amor di Patria. Sebbene febbricitante, volle partecipare ad una importante azione, ove, con sommo sprezzo del pericolo, fu sempre fra i combattenti nei momenti più pericolosi della lotta. Trovatosi presso una compagnia assai provata, della quale era caduto il comandante, assumeva il comando del reparto e ne incorava gli uomini, incitandoli a vendicare il loro capitano, poscia li lanciava all’attacco. Spintosi quindi arditamente in ricognizione fra le linee nemiche, attraverso terreno insidiosissimo, fra il violento fuoco di numerose mitragliatrici, riusciva a segnalare in tempo un movimento aggirante sul fianco destro, sicché fu possibile sventare la mossa. Ripetutamente colpito da una raffica di mitragliatrici, cadeva gloriosamente sul campo, gridando: “Non pensate a me, avanti sempre per la grandezza d’Italia; compagni, oggi abbiamo vendicato Caporetto”.

Montello, 19 giugno 1918.

La stele a Nervesa della Battaglia

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Leggete questa bellissima Biografia di un Eroe puro!

Guido Alessi, romano, nato il 23 maggio 1890, Tenente Aiutante maggiore in seconda, Comandante della 6^ compagnia, 39° Reg. Fanteria, Brigata “Bologna”, morto eroicamente sul Montello il 19 giugno 1918. Ma c’è qualcosa di più, in questa morte, che non deve essere trascurato; c’è la volontà del sacrificio, che era preveduto come un dovere, ed atteso come una necessità. Perché Guido Alessi volle essere soldato; volle cimentare la sua vita per l’ideale. Egli avrebbe potuto giovare in altro modo – in modo più duraturo – al suo Paese, come gli era stato imposto, restando al sicuro, lontano, molto lontano dal tumulto della battaglia. Ma tali servigi non erano adeguati al suo desiderio ed al suo amore; tutto ciò che egli potesse offrire alla Patria che non fosse il suo sangue, che non fosse tutto sé stesso, gli sembrò ben misero dono. Egli sapeva bene che l’ideale non vive senza che sia alimentato dal martirio e non trionfa, se coloro che lo perseguono non gli danno, occorrendo, la vita.

VOLONTARIO DI GUERRA.

Guido Alessi appartiene a quella schiera di giovani da cui mossero le prime voci per l’intervento dell’Italia nella guerra. Compiuti gli studi classici al Liceo Mamiani a Roma ed entrato all’Università, fu chiamato sotto le armi e inviato in Libia, ove partecipò a vari combattimenti. La conflagrazione europea scoppiò quando egli aveva ripreso i suoi studi e mentre, desideroso di non portare aggravi alla numerosa famiglia, era entrato nell’Amministrazione del Ministero dell’Interno e sino allo scoppio della Grande Guerra era stato un vicecommissario di Polizia, in servizio presso la Questura di Milano.

La guerra tanto desiderata apparve alfine imminente. Aveva 25 anni, era appena sposato, ma domandò egualmente al Ministero un congedo per potervi partecipare. Forse fu la caccia ai disertori. Come tutti i poliziotti ed i carabinieri di allora anche il vicecommissario Alessi venne incaricato della ricerca dei disertori. A molti poliziotti e carabinieri capitò di presentarsi a casa del presunto vile per  scoprire, con propria sorpresa e vergogna che il soldato aveva abbandonato sì la propria unità, ma si era poi ripresentato ed era successivamente caduto in battaglia. Il congedo gli fu negato; gli si disse che era più utile alla Patria al posto in cui era, che non nell’esercito. L’Alessi rispose rassegnando telegraficamente le sue dimissioni.

Quando l’Italia è in guerra – egli telegrafava – io devo essere al mio posto”.

Trasecolati i superiori rispettarono la sua volontà e in premio dell’esempio gli mantennero l’impiego.
Eccolo soldato. Si reca a salutare il padre vecchio e gravemente malato, e parte per la frontiera.
Il 24 maggio 1915 egli era già al suo posto, col suo reggimento, caporal maggiore. Dopo le prime fucilate, i primi scontri, le prime vittorie, è inviato al Col di Lana. Due anni di lotte continue, d’insidie, di pericoli incessanti, non valsero a scuotere la sua fede; il suo entusiasmo si mantenne acceso come nei giorni agitati ed affannosi della neutralità. Aveva visto la morte varie volte in faccia; ed essa non aveva osato toccarlo. In quell’epoca scriveva:

Sono a pochi passi dal nemico, nelle trincee piene di pioggia e di freddo, da cui vigiliamo e attendiamo. Non dir però nulla a casa poiché mi credono in seconda linea. I quattro mesi che ho passato in guerra sono certo i più belli della mia vita, eppure ho sofferto quanto non mi sarei mai creduto di sopportare; freddo, insetti, sudiciume, sonno, stanchezza. Ma tutto era addolcito, anzi trasformato dal pensiero dell’opera grande, a cui ho la fortuna di partecipare, dell’Ideale che ci conforta e ci sublima.
Sento in cuore inalterati la fede e l’entusiasmo dello scorso maggio. Con noncuranza leggo sui giornali le voci di pace. Noi la pace la detteremo dopo aver conquistato Trento e Gorizia ed essere entrati a Trieste”.

VOLONTARIO UN’ALTRA VOLTA

Nel dicembre del 1916 gli giunge alla trincea, come colpo di fulmine, la notizia che il padre, vecchio garibaldino, medaglia d’argento, combattente di Mentana e di Bezzecca, è moribondo: corre a Roma, ne coglie l'ultimo respiro e torna al suo posto di combattimento: è inviato sul Boite. E come già sul Col di Lana è sempre fra i primi ad affrontare il nemico, non sente la stanchezza, non misura il pericolo; più che audace è temerario; non ascolta consigli di prudenza; si slancia dove maggiore ferve la mischia.
Alla fine del luglio 1917, gli perviene un ordine perentorio del Ministero; è chiamato di autorità in servizio. Si rassegna; lascia con grande dolore il suo reggimento, abbraccia i suoi compagni, saluta con le lacrime agli occhi i suoi soldati e si reca a Milano e quindi a Spezia. Ma è angosciato e fremente. Si arrabbia con stesso per aver ceduto all'intimazione; sente la nostalgia del fronte. Ogni annunzio di battaglia lo scuote e lo avvilisce. Scrive alla famiglia e al fratello Ferruccio, da lui amato teneramente, parole di profondo accoramento per non essere più a combattere. Lotta tra il dovere del cittadino e quello che gli incombe di provvedere alle sorelle. Non può abbandonarle. Ma succede Caporetto e allora nessuna considerazione più lo trattiene. In quel frattempo aveva dato quasi tutti gli esami alla Università e si era iscritto, per le pratiche forensi, nello studio dell'Avv. Pannunzio di Lucca.
Ma l'amore per la famiglia che gli aveva imposto tanta disciplina e tanta forza di attendere all'ufficio e al tempo stesso di studiare, per crearsi una buona posizione sociale, non valse a trattenerlo. Il nemico aveva invaso il Friuli, minacciava Treviso e Venezia. L'opera dei nostri padri - l'opera di suo padre – minacciava di andar perduta. L'Italia correva il rischio di tornare indietro di mezzo secolo.
Chiunque avesse braccia gagliarde non doveva esitare. E Guido Alessi dette immediatamente e definitivamente le sue dimissioni dall'impiego. Tornò nell'esercito, riprese il grado di tenente, cui era pervenuto da caporal maggiore nei primi due anni di guerra.
E fu sull'Asolone. “Sono pieno di rabbia e di speranza – scriveva al fratello – attendo i grandi giorni e li bramo. La nostra guerra non può terminare colla pagina di Caporetto. Io spero molto, non per me, che la mia vita nulla la calcolo, ma per la Patria, che spero possa al più presto cancellare le pagine tristi e segnarne delle radiose. I grandi giorni si avvicinano. Mi sento sereno, pronto a tutto, mai come ora ho guardato con tanta serenità e disprezzo alla morte. Purché si vinca, e costi anche la vita, ma vincere si deve e ne sono certo”.

E successivamente:

“ Eccomi nuovamente in linea, pieno d'ardore. Se cado porto con me la ferma fede nella nostra vittoria. No, essa non ci può sfuggire! Giorni or sono nella conquista di un'aspra montagna, quasi inaccessibile, io che agivo sul fianco piangevo di ammirazione nel vedere l'eroismo d'una squadra sarda. Impavidi, sotto la raffica della fucileria nemica e di un violento cannoneggiamento, ritti, gettare sulla trincea da espugnare bombe a mano, finché una cannonata cogliendoli in pieno, non li gettò dal monte.
Mi sono trovato in frangenti terribili, eppure sono restato incolume, ma è stato un miracolo.
Del resto “paratus ad omnia”.

In quell'epoca fece una scappata a Roma per conseguire la laurea che finalmente ottenne a furia di tenacia e di buona volontà.
Rivide a Padova il fratello Ferruccio, fu il loro ultimo incontro. Si scambiarono l'ultimo bacio. Allorché gli austriaci mossero per darci il colpo decisivo, il suo reggimento fu inviato sul Montello.

La battaglia del Montello

La battaglia sul Montello fu combattuta tra il 15 e il 23 giugno 1918. L’attacco al Montello da parte delle truppe avversarie ebbe inizio il 15 giugno, preceduto da un bombardamento di artiglierie particolarmente concentrato sull’ansa di Falzè; lancio di gas lacrimogeni ed asfissianti alle ore 6, seguito dall’avanzata del 13° battaglione d’assalto austriaco mentre altri reparti completavano le operazioni di passaggio del Piave favorite da un denso strato di nebbia.

La nostra 58° divisione, agli ordini del generale Gandolfo, dovette soccombere di fronte all’irruenza delle preponderanti forze avversarie formate da ungheresi, rumeni, cecoslovacchi e in minor numero da tedeschi e polacchi; dopo la caduta della nostra prima linea venne pure sfondato il fronte della brigata «Lucca» a Casa Serena, e il nemico raggiunse presto Giavera e Bavaria: nei pomeriggio le divisioni austro-ungariche (31°, 13° e 17°) avevano completato il passaggio del Piave irrompendo su Nervesa, S. Angeli e Sovilla. A Villa Berti di Nervesa il nostro 111° Reggimento della Piacenza continuava a resistere disperatamente.
La reazione italiana si andò potenziando ed organizzando verso le 17,30 di quel 15 giugno: la stremata 58° divisione venne rinforzata da truppe del 27° Corpo d’Armata e dalla 48° divisione. Giavera venne tolta al nemico dal 2° squadrone Lancieri di Firenze; l’impulso nemico dovette allentarsi, ma il consuntivo della giornata rimase gravissimo. Il successivo giorno, ancora piovigginoso, il nemico completò il traghettamento delle riserve delle tre divisioni già operanti sul Montello.
Villa Berti resistette ancora contro i reiterati attacchi; qualche successo venne ottenuto con la rioccupazione di quota 127 e il consolidamento di alcune posizioni. Durissima fu la lotta a Casa Rossa - presso Santi Angeli - dove le forze nemiche furono in proporzione di sei contro uno. La dura giornata del 16 giugno si concluse con un nuovo inutile attacco del nemico contro Villa Berti e con la persistente resistenza, sulla cresta del monte, del 95° reggimento di fanteria e della gloriosa brigata «Reggio».
Il 17 giugno piovve quasi continuamente: si ebbero nuovi assalti contro Villa Berti e specialmente contro la linea ferroviaria Montebelluna-Nervesa lungo la quale, in località S. Mauro, vigilava il 79° battaglione zappatori che ebbe l’onore di venire citato nel bollettino del Comando supremo. Il cielo si fece sereno il 18 giugno, ma già dalle prime ore della notte la pressione nemica si appesantì; alle 3,30 un fortissimo attacco contro Villa Berti, preceduto da un implacabile bombardamento, infranse il nostro caposaldo stremato da quattro giorni di resistenza.

Alle ore 14 giunse a rinforzo il 5° reggimento fanteria della brigata «Aquila»; alle 16,30 i nostri reparti tentarono l’avanzata ma dovettero rientrare per la dura reazione avversaria; alle 19 affluirono nuovi rinforzi e si ripeterono i tentativi; un contrattacco nemico venne infranto; alle 22 gli austriaci vennero fermati davanti a Giavera e a Bavaria: alle 23 il nemico era bloccato anche nel tratto Casa Loredan-Busa delle Rane.

Il tempo fu sereno anche il 19 giugno quando il comando supremo intese decidere le sorti della battaglia su tutto il fronte.
Durante la mattinata le nostre artiglierie furono in azione, intensificata nelle prime ore del pomeriggio; alle ore 15 iniziarono le operazioni contrastatissime dal nemico e il generale Vaccari si portò nuovamente in mezzo alle truppe per rincuorarle malgrado la supremazia numerica dell’avversario. I combattimenti, specie tra Casa Fornace e Villa Berti, continuarono tutta la notte; il nemico dovette indietreggiare alquanto nell’intero fronte d’attacco.

Innumerevoli furono gli atti di valore compiuti quel giorno che anche Baracca non vide tramontare.

LA MORTE EROICA

Proprio quella mattina Guido si era sentito indisposto. Alcuni amici gli avevano consigliato di rimanere e di consultare il medico. Rispose semplicemente: lo consulterò dopo l'azione. E partì con gli altri. Sotto la furia dei nostri il nemico ripiegava.
I soldati frementi di ardore seguendo l'esempio dei capi, lottavano da leoni. Gli scontri si susseguirono per varie ore.
Fu in quel momento che l'Alessi cadde ferito. Intorno a lui la lotta si riaccese aspra e terribile. Tutti i soldati difendevano il loro caro ufficiale. Egli domandò di essere medicato sul posto; ma che i suoi non perdessero tempo. Non voleva andare all'ambulanza, sicuro che le forze lo avrebbero sorretto. Egli voleva combattere ancora.

Mentre si rialzava una terza pallottola lo colpì al cuore. Cadde colle braccia aperte, ma ebbe la forza di gridare: “ Avanti, avanti ragazzi, Savoia! Viva l'Italia!” E il grido ripeté tre volte. E aggiunse: “ Viva il Re!”, simbolo della sua fede e delle sue idealità. E cadde morto, sereno ed atteggiato a sorriso. Erano le 18 del 19 giugno 1918. Un soldato cercò di trasportare il cadavere, ma in quel momento gli austriaci, aumentati di numero, costrinsero i nostri a ripiegare. Il cadavere fu ritrovato spogliato e derubato.
Fu pietosamente seppellito sul bordo di una dolina. Per segno: una semplice croce. Colleghi e soldati piansero la sua morte. L'esultanza della vittoria fu per loro amareggiata da quella perdita. Tutti però reclamarono per lui la più alta distinzione: riconobbero che il suo esempio aveva fruttato; che in quel modo, con quel disprezzo della vita, si conduce i soldati dove si vuole. E in premio del suo valore, della sua abnegazione, fu proposto per la medaglia d'oro al valore. Era imminente la sua promozione a capitano!

Il 20 giugno, con cielo coperto e pioggia, gli austriaci fecero affluire nuove riserve sul Montello e rinnovarono ferocemente gli attacchi verso Nervesa che pervenne nuovamente in loro possesso. Le nostre truppe iniziarono a guadagnare progressivamente terreno verso ovest della linea di combattimento, avvicinandosi allo sperone che domina Falzè.

Il successivo 21 giugno gli attacchi nemici cominciarono ad affievolirsi di intensità e potenza, mentre le nostre artiglierie e l’aviazione accentuavano l’opera di interdizione allo scopo di isolare le truppe austro-ungariche a sud del Piave; in mattinata venne riconquistata la roccaforte di Villa Berti; durante la notte iniziò il ripiegamento delle riserve avversarie oltre il fiume.
Il 22 giugno rimanevano sul Montello solo le truppe avversarie in linea con l’ordine di ripiegare appena possibile.
Il 23 giugno - ultima giornata della Battaglia del Solstizio - il nemico continuò la sua ritirata iniziata durante la notte; a mezzogiorno la cresta del Montello venne riconquistata dalle nostre truppe: alle ore 14 fu la volta di Nervesa; alle ore 20 il bollettino di guerra comunicava che «dal Montello al mare il nemico, sconfitto ed incalzato dalle nostre valorose truppe, ripassa in disordine il Piave».
Sul Montello - bagnato dal sangue di soldati provenienti da ogni regione d’Italia - vennero assegnate 910 medaglie d’argento; imprecisato ma elevatissimo il numero delle altre ricompense al valore militare. Altrettanto eroici furono i bravi contadini montelliani i quali provvidero alla mietitura del grano insanguinato malgrado l’imperversare della battaglia, spesso aiutati dagli stessi combattenti: come ben disse D’Annunzio, quella del Montello è stata veramente la battaglia delle falci e delle baionette.

E non possiamo terminare di scrivere queste note senza riportare un brano dell'ultima sua lettera al fratello Ferruccio, che amorosamente ne ha raccolto tutte le memorie recandosi al reggimento cui il fratello appartenne:
L'esercito italiano è il primo dell'Intesa: è vero, esso conta una sconfitta, una pagina inesplicabile che desterà stupore nei secoli e che non poteva essere scritta se non da noi: il popolo delle sorprese. Parlo di Caporetto. Senti: io ho vissuto in mezzo ai soldati quanto pochi, e ne conosco le virtù e i difetti. Grandi questi ultimi, ma grandissime le virtù; ma credi, di Caporetto l'artefice massimo non fu certo l'Esercito... Ti scrivo con impeto e commozione intensa: sono in una piccola tana a pochissimi passi dal nemico, in uno dei più importanti baluardi d'Italia. Questa pagina che potrà anche essere il mio testamento spirituale, non può non essere sincera. Se così non pensassi preferirei tacere. Ma ho voluto, ancora una volta, dirti tutta la mia fiducia inalterata. No, non mi sono sbagliato.
All'Italia è riservato un grande avvenire. Questo è l'estremo grido della mia fede!”

Il Sacrario militare italiano di Nervesa della Battaglia

Nel secondo ripiano sono scolpite le motivazioni alle tre Medaglie d’Oro al V.M. Alessi, Bongioanni, Lama, i cui resti sono custoditi nel Sacrario.

681.000 morti, centinaia di migliaia di poveri resti, oltre 3.000 cimiteri di guerra, molti dei quali in zone impervie e abbandonate o di proprietà di privati.

Anche i cimiteri di guerra, sparsi fra le doline (dolina è una conca chiusa, parola Slovena che significa valle) del Montello, subiscono questa evoluzione. Subito dopo la guerra furono raccolte in alcuni cimiteri militari, più vasti e meglio organizzati, tutte le salme che – nella concitazione della battaglia – avevano trovato pietosa sepoltura nei più svariati luoghi: accanto a un cimitero civile, dietro la chiesa o una casa, sul fondo di una valletta o di una buca di granata.

Così a Giavera v’era il cimitero intitolato alla memoria della Medaglia d’Oro Guido Alessi e dedicato “agli Eroi del Montello”, con 1.077 Salme di militari italiani e 580 di austriaci.

Tomba del Verano.

La tomba della famiglia Alessi, in cui riposano i resti del papà di Guido, Alessio Pio, si raggiunge dall’ingresso di Via Tiburtina, Piazzale delle Crociate, è situata nel Reparto ex Evangelici, numero 200, Fila 1, a sinistra, subito dietro il riquadro 98, vicinissima alla fermata 15 dell’autobus ATAC interno al Cimitero. Guido Alessi non è sepolto a Roma, ma riposa come abbiamo detto, nel Sacrario Militare italiano di Nervesa della Battaglia. Sulla lapide al Verano è incisa questa frase: “in memoria di Guido Alessi, Tenente del 39° Fanteria, caduto sul Montello. Le ceneri ne coglie Nervesa della Battaglia, Roma madre lo spirito immortale”.

Nella sua Roma oggi esiste una scuola intitolata a Guido Alessi, con il suo busto bronzeo che campeggia nell’atrio. Negli ottant’anni della sua esistenza generazioni di bambini hanno studiato, giocato e sono cresciuti nella scuola che porta il suo nome. Centinaia di bambini e bambine che sono diventati uomini e donne liberi.

Una piccola curiosità = Le “prese” del Montello

Sul Colle del Montello sono state realizzate le “prese”, cioè delle stradelle che lo “affettano” in senso longitudinale. Sono il risultato del controllo del territorio forestale impostato dalla Serenissima Repubblica di Venezia fin dal 1400 e della definitiva lottizzazione avvenuta a fine '800. Con la lottizzazione 'Bartolini' del 1892 la rete viaria del Montello ha assunto l'attuale definitiva conformazione. Il colle è stato suddiviso in 21 strade d'accesso, le “prese” per l'appunto, che lo attraversano da parte a parte in senso nord-sud ed una strada “dorsale” che lo attraversa completamente, collegando tutte le “prese”, in senso est-ovest, da Nervesa della Battaglia a Biadene.

Ognuna delle “prese” è dedicata ad un eroe della prima guerra mondiale. La numero 2 è intitolata alla nostra MOVM Guido Alessi.

Il tratto nord è di km 1,8: sterrata dal fondo buono e pendenze non eccessive; quello sud è di km 1: molto ripida all'inizio, asfaltata, poi meno ripida e sterrata.

LA STORIA DELLA SCUOLA GUIDO ALESSI

Nel 1930 in considerazione dell'espansione edilizia e demografica della zona nell'area compresa tra Lungotevere, la via Flaminia e la Via Cesare Fracassini venne indetta dal Governatorato di Roma una gara di appalto per la costruzione di un edificio scolastico che potesse accogliere gli alunni della scuola materna ed elementare e le alunne della scuola di avviamento professionale.  I lavori ebbero inizio il 29 maggio 1931 su un'area di 4500 mq. ad opera dell'impresa Fratelli Ciardi e terminarono il 26 Ottobre 1932. La costruzione aveva una cubatura di 41400 mc. Occupava 2300 mq. e comprendeva due piani, un piano rialzato ed un piano seminterrato. Era articolata in due ali ed in un corpo centrale con due cortili di 2200 mq. di superficie. Quattro ingressi: tre su via Flaminia ed uno su Via Fracassini. Il 28 Ottobre 1932 la scuola fu inaugurata con una cerimonia allestita secondo i canoni del tempo con sventolii di tricolori e sfoggio di divise, alla presenza del Provveditore agli Studi Francesco Colimei e del capo del governo Benito Mussolini. L'edificio accolse 26 classi elementari con l'organico di 19 maestre e 7 maestri oltre a 4 classi di avviamento professionale femminile.

La scuola fu intitolata alla medaglia d'oro Guido Alessi, nato a Roma il 23 Maggio 1890 e caduto sul Montello il 19 Giugno 1918 e nell'atrio fu posto un suo busto in bronzo. La popolazione scolastica andò sempre più aumentando e nel 1938, a cura dell'impresa Greco, fu effettuata una sopraelevazione per la costruzione di altre 12 aule. I lavori, iniziati il 14 Marzo 1938, terminarono il 26 Ottobre dello stesso anno. Tra il 1932 e il 1940 il numero delle classi passò da 26 a 30 - 36 - 40 con un organico di 29 maestre e 11  maestri. La scuola di Avviamento Professionale ebbe uno sviluppo minore: con 8 classi occupava il piano terreno e parte del primo piano ed aveva un organico di 14 docenti. Durante l'anno scolastico 1938-39 si tennero 3 audizioni musicali. Nel 1939-40 vennero istituiti corsi extracurriculari di taglio, cucito e lingua francese.

L'inizio del 2° conflitto mondiale non modificò, in un primo tempo, la vita della scuola, con esclusione di alcune manifestazioni e campagne legate al momento politico come: la "Raccolta dei rottami di ferro" (febbraio '40), la "Giornata del fiocco di lana" (novembre '41), la "Giornata della Fede" (dicembre '41), la raccolta dei libri da inviare ai prigionieri di guerra tramite Croce Rossa Internazionale (novembre '41),i "Ludi Juvenilis della Cultura e dell'Arte" (gennaio '40 - febbraio '41), la proiezione di film di  propaganda come avvenne il 25 febbraio '41, quando allo Stadio Nazionale fu proiettata "La conquista dell'aria" per tutti gli alunni della Guido Alessi. Il 20 Aprile '42 per i mutilati ospiti della casa di cura Principessa di Piemonte, le alunne diedero vita ad uno spettacolo con cori, recita di versi e balli folcloristici. Lo spettacolo fu ripetuto nel teatrino della parrocchia di Santa Croce il 30 Aprile con la partecipazione delle famiglie degli alunni e degli abitanti del quartiere. Il 6 Giugno 1940, fu celebrata la "Giornata della Tecnica". La manifestazione si aprì nella palestra della scuola con il coro delle alunne diretto dalla prof.ssa Giulia Ruspantini, cui seguirono un discorso della Direttrice sul tema "Il lavoro organizzato" e gli interventi delle personalità politiche e della scuola. Si passò quindi alla visita della mostra allestita al primo piano. Le alunne, in divisa scolastica, con grembiuli bianchi e mezze maniche bianche, illustrarono ai visitatori le varie attività. In occasione di questa giornata furono stanziati premi in denaro a favore di quelle ragazze che si fossero particolarmente distinte per diligenza, impegno e capacità. L'anno scolastico 1939-40 terminò il 31 maggio e, dato lo stato di guerra, non vi furono prove di esame, se non per i privatisti. Nel 1940-41, per compensare la lunga pausa estiva, il calendario scolastico subì una riduzione dei giorni di vacanza. L'orario prevedeva sei, sette ore giornaliere di lezione di 45 minuti ciascuna, con breve intervallo di 15 minuti. Per il precipitare degli avvenimenti bellici le esercitazioni pratiche di cucina e sartoria si ridussero e le lezioni ebbero solo carattere teorico. L'anno scolastico si chiuse il 15 maggio. Il 4 maggio, in occasione della Giornata della Tecnica la mostra di lavori fu più modesta di quella dell'anno precedente. Negli anni 41-42 e 42-43 vennero attivate numerose manifestazioni pro-combattenti e campagne varie per il risparmio energetico e di materie prime, quali la campagna per economizzare la carta. L'insegnamento della lingua straniera venne soppresso. Il sabato pomeriggio in 4 aule della scuola si sarebbero svolti Corsi di specializzazione Premarinara. L'inverno 1943 fu particolarmente freddo e per economizzare combustibile, le vacanze natalizie furono protratte dal 20 dicembre al 14 febbraio. Durante tale periodo gli insegnanti dovevano, a turno, riunire le alunne per controllare lo svolgimento dello studio personale (revisione dei programmi, letture religiose, ma anche visite alle Chiese e ai feriti). Gli avvenimenti bellici incalzavano e il 2 maggio '43 la "Festa della Tecnica" si svolse con la premiazione delle alunne meritevoli ma senza la mostra. Il 19 luglio '43 Roma subì un bombardamento aereo con morti e distruzioni. Vari locali della scuola Alessi furono requisiti dall'Ente Assistenza di Roma e dall'Opera Nazionale Protezione Maternità e Infanzia che vi alloggiò alcune famiglie di sinistrati cui, più tardi, se ne aggiunsero altre provenienti dal sud, soprattutto dalla Campania e dal basso Lazio. La scuola di avviamento professionale femminile si ridusse a soli quattro locali. Così ogni attività didattica sembrava compromessa. L'anno scolastico terminò quasi all'improvviso il 29 aprile del '44. Nei primi mesi dell'anno scolastico 44/45, le lezioni si svolsero in orario pomeridiano presso la scuola Buonarroti di Via Campania. Il 22 gennaio si tornò in sede con due turni: ore 9-12 e 14-17.

Gli anni del dopoguerra videro il lento ritorno alla normalità con il totale sgombero dell'edificio che nell'anno scolastico 51/52, accolse 52 classi elementari con un organico di 37 maestre e 15 maestri ed 11 insegnanti di scuola di avviamento. Nell'anno scolastico 1961/62 in via Flaminia furono attivate due prime di "Scuola Media Unificata Sperimentale Mista". Nella seduta del  7 ottobre 61 la preside illustrò al Collegio dei Docenti le finalità della scuola sperimentale, i programmi, le modalità del loro svolgimento. Parlò dell'importanza del Consiglio di Classe, della partecipazione attiva delle famiglie. Dopo il 1960, per venire incontro alle esigenze degli abitanti del Villaggio Olimpico venne aperta una succursale della scuola elementare con 16 classi funzionanti in locali di fortuna, l'anno successivo furono costruiti tre padiglioni prefabbricati. Dall'anno scolastico 1989-90 il 36° Circolo Didattico Alessi fu aggregato al 3° Circolo Ronconi; nonostante le istanze, le proteste, le manifestazioni di quartiere, la vecchia Scuola Elementare Guido Alessi cessò di esistere autonomamente e divenne un plesso del 3° Circolo. Anche la scuola media ha seguito la stessa sorte diventando succursale della Scuola Media Ippolito Nievo. In questi ultimi anni la scuola ha continuato a costituire un punto di riferimento per il quartiere anche per la presenza della Biblioteca Comunale Flaminia (con ingresso in Via Fracassini).

 

 

A Monte Mario, 19° Municipio, c’è  Via Guido Alessi , 00136 Roma