ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL
FANTE
Sezione di Roma Capitale
La Sezione è intitolata alla Medaglia d’Oro al valor Militare: Guido
ALESSI
Maggiore
in Seconda Comandante della 6^ compagnia del 39° reggimento della brigata
"Bologna"
Luogo di
nascita: Roma (RM). Data del conferimento: 02/10/1922. Alla memoria.
Motivazione:
“Volontario di guerra,
prese parte ad importanti azioni, animato sempre da
grande entusiasmo ed amor di Patria. Sebbene febbricitante, volle
partecipare ad una importante azione, ove, con sommo sprezzo del
pericolo, fu sempre fra i combattenti nei momenti più pericolosi della lotta.
Trovatosi presso una compagnia assai provata, della quale era caduto il
comandante, assumeva il comando del reparto e ne incorava gli uomini, incitandoli
a vendicare il loro capitano, poscia li lanciava all’attacco. Spintosi quindi
arditamente in ricognizione fra le linee nemiche, attraverso terreno
insidiosissimo, fra il violento fuoco di numerose mitragliatrici, riusciva a
segnalare in tempo un movimento aggirante sul fianco destro, sicché fu
possibile sventare la mossa. Ripetutamente colpito da una raffica di
mitragliatrici, cadeva gloriosamente sul campo, gridando: “Non pensate a me,
avanti sempre per la grandezza d’Italia; compagni, oggi abbiamo
vendicato Caporetto”.
Montello, 19 giugno
1918.
La stele a Nervesa della Battaglia
Leggete questa bellissima Biografia di un Eroe
puro!
Guido
Alessi, romano, nato il 23 maggio 1890, Tenente Aiutante maggiore in seconda, Comandante
della 6^ compagnia, 39° Reg. Fanteria, Brigata “Bologna”, morto eroicamente sul Montello il 19 giugno 1918. Ma c’è qualcosa di più, in
questa morte, che non deve essere trascurato; c’è la volontà del sacrificio,
che era preveduto come un dovere, ed atteso come una
necessità. Perché Guido Alessi volle essere soldato; volle
cimentare la sua vita per l’ideale. Egli avrebbe potuto giovare in altro modo –
in modo più duraturo – al suo Paese, come gli era
stato imposto, restando al sicuro, lontano, molto lontano dal tumulto della
battaglia. Ma tali servigi non erano adeguati al suo desiderio ed al suo amore; tutto ciò che egli potesse offrire alla
Patria che non fosse il suo sangue, che non fosse tutto sé stesso, gli sembrò
ben misero dono. Egli sapeva bene che l’ideale non vive senza che sia
alimentato dal martirio e non trionfa, se coloro che lo perseguono non gli
danno, occorrendo, la vita.
VOLONTARIO
DI GUERRA.
Guido
Alessi appartiene a quella schiera di giovani da cui mossero le prime voci per
l’intervento dell’Italia nella guerra. Compiuti gli studi classici al Liceo Mamiani a Roma ed entrato all’Università, fu chiamato sotto
le armi e inviato in Libia, ove partecipò a vari combattimenti. La
conflagrazione europea scoppiò quando egli aveva ripreso i suoi studi e mentre,
desideroso di non portare aggravi alla numerosa famiglia, era entrato
nell’Amministrazione del Ministero dell’Interno e sino allo scoppio della
Grande Guerra era stato un vicecommissario di Polizia, in servizio presso
La
guerra tanto desiderata apparve alfine imminente. Aveva 25
anni, era appena sposato, ma domandò egualmente al Ministero un congedo per
potervi partecipare. Forse fu la caccia ai disertori. Come tutti i poliziotti ed i carabinieri di allora anche il vicecommissario Alessi
venne incaricato della ricerca dei disertori. A molti poliziotti e carabinieri
capitò di presentarsi a casa del presunto vile per scoprire,
con propria sorpresa e vergogna che il soldato aveva abbandonato sì la propria
unità, ma si era poi ripresentato ed era successivamente caduto in battaglia.
Il congedo gli fu negato; gli si disse che era più utile alla Patria al posto
in cui era, che non nell’esercito. L’Alessi rispose rassegnando telegraficamente
le sue dimissioni.
“
Quando l’Italia è in guerra – egli
telegrafava – io devo essere al mio posto”.
Trasecolati i superiori rispettarono la sua volontà e in premio
dell’esempio gli mantennero l’impiego.
Eccolo soldato. Si reca a salutare il padre vecchio e gravemente malato, e
parte per la frontiera.
Il 24 maggio 1915 egli era già al suo posto, col suo reggimento, caporal
maggiore. Dopo le prime fucilate, i primi scontri, le prime vittorie, è inviato al Col di Lana. Due anni di lotte continue,
d’insidie, di pericoli incessanti, non valsero a scuotere la sua fede; il suo
entusiasmo si mantenne acceso come nei giorni agitati ed
affannosi della neutralità. Aveva visto la morte varie volte
in faccia; ed essa non aveva osato toccarlo. In quell’epoca scriveva:
“
Sono a pochi passi dal nemico, nelle
trincee piene di pioggia e di freddo, da cui vigiliamo e attendiamo. Non dir
però nulla a casa poiché mi credono in seconda linea. I quattro mesi che ho
passato in guerra sono certo i più belli della mia vita, eppure ho sofferto
quanto non mi sarei mai creduto di sopportare; freddo, insetti, sudiciume,
sonno, stanchezza. Ma tutto era addolcito, anzi trasformato dal pensiero
dell’opera grande, a cui ho la fortuna di partecipare,
dell’Ideale che ci conforta e ci sublima.
Sento in cuore inalterati la fede e l’entusiasmo dello
scorso maggio. Con noncuranza leggo sui giornali le voci di pace. Noi la pace la detteremo dopo aver conquistato Trento e Gorizia ed
essere entrati a Trieste”.
VOLONTARIO
UN’ALTRA VOLTA
Nel
dicembre del 1916 gli giunge alla trincea, come colpo di fulmine, la notizia
che il padre, vecchio garibaldino, medaglia d’argento, combattente di Mentana e
di Bezzecca, è moribondo: corre a Roma, ne coglie l'ultimo respiro e torna al
suo posto di combattimento: è inviato sul Boite. E come già sul Col di Lana è
sempre fra i primi ad affrontare il nemico, non sente la stanchezza, non misura
il pericolo; più che audace è temerario; non ascolta consigli di prudenza; si slancia dove maggiore ferve la mischia.
Alla fine del luglio 1917, gli perviene un ordine perentorio del Ministero; è
chiamato di autorità in servizio. Si rassegna; lascia con grande dolore il suo
reggimento, abbraccia i suoi compagni, saluta con le lacrime agli occhi i suoi
soldati e si reca a Milano e quindi a Spezia. Ma è
angosciato e fremente. Si arrabbia con sé stesso per
aver ceduto all'intimazione; sente la nostalgia del fronte. Ogni annunzio di
battaglia lo scuote e lo avvilisce. Scrive alla famiglia e al fratello
Ferruccio, da lui amato teneramente, parole di profondo accoramento per non
essere più a combattere. Lotta tra il dovere del cittadino e quello che gli
incombe di provvedere alle sorelle. Non può abbandonarle. Ma
succede Caporetto e allora nessuna considerazione più lo trattiene. In quel
frattempo aveva dato quasi tutti gli esami alla Università
e si era iscritto, per le pratiche forensi, nello studio dell'Avv. Pannunzio di
Lucca.
Ma l'amore per la famiglia che gli aveva imposto tanta
disciplina e tanta forza di attendere all'ufficio e al tempo stesso di
studiare, per crearsi una buona posizione sociale, non valse a trattenerlo. Il
nemico aveva invaso il Friuli, minacciava Treviso e Venezia. L'opera dei nostri
padri - l'opera di suo padre – minacciava di andar
perduta. L'Italia correva il rischio di tornare indietro di mezzo secolo.
Chiunque avesse braccia gagliarde non doveva esitare. E Guido
Alessi dette immediatamente e definitivamente le sue dimissioni dall'impiego.
Tornò nell'esercito, riprese il grado di tenente, cui era pervenuto da caporal
maggiore nei primi due anni di guerra.
E fu sull'Asolone. “Sono pieno di rabbia
e di speranza – scriveva al fratello – attendo i grandi giorni e li bramo. La
nostra guerra non può terminare colla pagina di Caporetto. Io spero molto, non
per me, che la mia vita nulla la calcolo, ma per la Patria, che spero possa al
più presto cancellare le pagine tristi e segnarne delle radiose. I grandi
giorni si avvicinano. Mi sento sereno, pronto a tutto, mai come ora ho guardato
con tanta serenità e disprezzo alla morte. Purché si vinca, e
costi anche la vita, ma vincere si deve e ne sono certo”.
E
successivamente:
“ Eccomi nuovamente in linea, pieno d'ardore. Se cado porto con me la ferma fede nella nostra vittoria. No,
essa non ci può sfuggire! Giorni or sono nella conquista di un'aspra montagna,
quasi inaccessibile, io che agivo sul fianco piangevo di ammirazione nel vedere
l'eroismo d'una squadra sarda. Impavidi, sotto la
raffica della fucileria nemica e di un violento cannoneggiamento, ritti,
gettare sulla trincea da espugnare bombe a mano, finché una cannonata
cogliendoli in pieno, non li gettò dal monte.
Mi sono trovato in frangenti terribili, eppure sono restato incolume, ma è
stato un miracolo.
Del resto “paratus ad omnia”.
In
quell'epoca fece una scappata a Roma per conseguire la laurea che finalmente
ottenne a furia di tenacia e di buona volontà.
Rivide a Padova il fratello Ferruccio, fu il loro ultimo incontro. Si scambiarono l'ultimo bacio. Allorché
gli austriaci mossero per darci il colpo decisivo, il suo reggimento fu inviato
sul Montello.
La battaglia del Montello
La
battaglia sul Montello fu combattuta tra il 15 e il 23
giugno 1918. L’attacco al Montello da parte delle
truppe avversarie ebbe inizio il 15 giugno, preceduto da un bombardamento di
artiglierie particolarmente concentrato sull’ansa di Falzè; lancio di gas
lacrimogeni ed asfissianti alle ore 6, seguito dall’avanzata del 13°
battaglione d’assalto austriaco mentre altri reparti completavano le operazioni
di passaggio del Piave favorite da un denso strato di nebbia.
La
nostra 58° divisione, agli ordini del generale Gandolfo, dovette soccombere di
fronte all’irruenza delle preponderanti forze avversarie formate da ungheresi,
rumeni, cecoslovacchi e in minor numero da tedeschi e polacchi; dopo la caduta
della nostra prima linea venne pure sfondato il fronte
della brigata «Lucca» a Casa Serena, e il nemico raggiunse presto Giavera e
Bavaria: nei pomeriggio le divisioni austro-ungariche (31°, 13° e 17°) avevano
completato il passaggio del Piave irrompendo su Nervesa, S. Angeli e Sovilla. A
Villa Berti di Nervesa il nostro 111° Reggimento della Piacenza continuava a
resistere disperatamente.
La reazione italiana si andò potenziando ed
organizzando verso le 17,30 di quel 15 giugno: la stremata 58° divisione venne
rinforzata da truppe del 27° Corpo d’Armata e dalla 48° divisione. Giavera venne tolta al nemico dal 2° squadrone Lancieri di Firenze;
l’impulso nemico dovette allentarsi, ma il consuntivo della giornata rimase
gravissimo. Il successivo giorno, ancora piovigginoso,
il nemico completò il traghettamento delle riserve delle tre divisioni già
operanti sul Montello.
Villa Berti resistette ancora contro i reiterati attacchi; qualche successo venne ottenuto con la rioccupazione di quota 127 e il
consolidamento di alcune posizioni. Durissima fu la lotta a Casa Rossa - presso
Santi Angeli - dove le forze nemiche furono in proporzione di sei contro uno.
La dura giornata del 16 giugno si concluse con un
nuovo inutile attacco del nemico contro Villa Berti e con la persistente
resistenza, sulla cresta del monte, del 95° reggimento di fanteria e della
gloriosa brigata «Reggio».
Il 17 giugno piovve quasi continuamente: si ebbero nuovi assalti contro Villa
Berti e specialmente contro la linea ferroviaria Montebelluna-Nervesa
lungo la quale, in località S. Mauro, vigilava il 79° battaglione zappatori che
ebbe l’onore di venire citato nel bollettino del
Comando supremo. Il cielo si fece sereno il 18 giugno, ma già dalle prime ore
della notte la pressione nemica si appesantì; alle 3,30 un fortissimo attacco
contro Villa Berti, preceduto da un implacabile bombardamento, infranse il
nostro caposaldo stremato da quattro giorni di resistenza.
Alle
ore 14 giunse a rinforzo il 5° reggimento fanteria della brigata «Aquila»; alle
16,30 i nostri reparti tentarono l’avanzata ma dovettero rientrare per la dura
reazione avversaria; alle 19 affluirono nuovi rinforzi
e si ripeterono i tentativi; un contrattacco nemico venne infranto; alle 22 gli
austriaci vennero fermati davanti a Giavera e a Bavaria: alle 23 il nemico era
bloccato anche nel tratto Casa Loredan-Busa delle
Rane.
Il
tempo fu sereno anche il 19 giugno quando il comando supremo
intese decidere le sorti della battaglia su tutto il fronte.
Durante la mattinata le nostre artiglierie furono in azione, intensificata
nelle prime ore del pomeriggio; alle ore 15 iniziarono le operazioni
contrastatissime dal nemico e il generale Vaccari si portò nuovamente in mezzo
alle truppe per rincuorarle malgrado la supremazia
numerica dell’avversario. I combattimenti, specie tra Casa Fornace e Villa
Berti, continuarono tutta la notte; il nemico dovette indietreggiare alquanto
nell’intero fronte d’attacco.
Innumerevoli
furono gli atti di valore compiuti quel giorno che anche Baracca non vide
tramontare.
LA
MORTE EROICA
Proprio
quella mattina Guido si era sentito indisposto. Alcuni amici gli avevano
consigliato di rimanere e di consultare il medico. Rispose semplicemente: lo
consulterò dopo l'azione. E partì con gli altri. Sotto la furia dei nostri il
nemico ripiegava.
I soldati frementi di ardore seguendo l'esempio dei capi, lottavano da leoni.
Gli scontri si susseguirono per varie ore.
Fu in quel momento che l'Alessi cadde ferito. Intorno a lui la lotta si
riaccese aspra e terribile. Tutti i soldati difendevano il loro caro ufficiale.
Egli domandò di essere medicato sul posto; ma che i suoi non perdessero tempo.
Non voleva andare all'ambulanza, sicuro che le forze lo avrebbero sorretto.
Egli voleva combattere ancora.
Mentre
si rialzava una terza pallottola lo colpì al cuore. Cadde colle braccia aperte, ma ebbe la forza di gridare: “ Avanti, avanti ragazzi, Savoia! Viva l'Italia!” E il grido ripeté tre volte. E
aggiunse: “ Viva il Re!”, simbolo
della sua fede e delle sue idealità. E cadde morto, sereno ed
atteggiato a sorriso. Erano le 18 del 19 giugno 1918.
Un soldato cercò di trasportare il cadavere, ma in quel momento gli austriaci,
aumentati di numero, costrinsero i nostri a ripiegare. Il cadavere fu ritrovato
spogliato e derubato.
Fu pietosamente seppellito sul bordo di una dolina. Per segno: una semplice
croce. Colleghi e soldati piansero la sua morte. L'esultanza della vittoria fu
per loro amareggiata da quella perdita. Tutti però reclamarono per lui la più
alta distinzione: riconobbero che il suo esempio aveva fruttato; che in quel
modo, con quel disprezzo della vita, si conduce i
soldati dove si vuole. E in premio del suo valore, della sua abnegazione, fu
proposto per la medaglia d'oro al valore. Era imminente la sua promozione a
capitano!
Il 20 giugno, con cielo coperto e pioggia, gli austriaci fecero affluire nuove
riserve sul Montello e rinnovarono ferocemente gli
attacchi verso Nervesa che pervenne nuovamente in loro possesso. Le nostre
truppe iniziarono a guadagnare progressivamente terreno verso ovest della linea
di combattimento, avvicinandosi allo sperone che domina Falzè.
Il
successivo 21 giugno gli attacchi nemici cominciarono ad affievolirsi di intensità e potenza, mentre le nostre artiglierie e
l’aviazione accentuavano l’opera di interdizione allo scopo di isolare le
truppe austro-ungariche a sud del Piave; in mattinata venne riconquistata la
roccaforte di Villa Berti; durante la notte iniziò il ripiegamento delle
riserve avversarie oltre il fiume.
Il 22 giugno rimanevano sul Montello solo le truppe
avversarie in linea con l’ordine di ripiegare appena possibile.
Il 23 giugno - ultima giornata della Battaglia del Solstizio - il nemico
continuò la sua ritirata iniziata durante la notte; a mezzogiorno la cresta del Montello venne riconquistata dalle nostre truppe: alle
ore 14 fu la volta di Nervesa; alle ore 20 il bollettino di guerra comunicava
che «dal Montello al mare il nemico, sconfitto ed incalzato dalle nostre
valorose truppe, ripassa in disordine il Piave».
Sul Montello - bagnato dal sangue di soldati
provenienti da ogni regione d’Italia - vennero assegnate 910 medaglie
d’argento; imprecisato ma elevatissimo il numero delle altre ricompense al
valore militare. Altrettanto eroici furono i bravi contadini montelliani i
quali provvidero alla mietitura del grano insanguinato malgrado
l’imperversare della battaglia, spesso aiutati dagli stessi combattenti: come
ben disse D’Annunzio, quella del Montello è stata veramente la battaglia delle
falci e delle baionette.
E
non possiamo terminare di scrivere queste note senza riportare un brano dell'ultima sua lettera al fratello Ferruccio, che amorosamente
ne ha raccolto tutte le memorie recandosi al reggimento cui il fratello
appartenne:
“L'esercito italiano è
il primo dell'Intesa: è vero, esso conta una sconfitta, una pagina
inesplicabile che desterà stupore nei secoli e che non poteva essere scritta se
non da noi: il popolo delle sorprese. Parlo di Caporetto. Senti: io ho vissuto in mezzo ai soldati quanto
pochi, e ne conosco le virtù e i difetti. Grandi questi ultimi, ma grandissime
le virtù; ma credi, di Caporetto l'artefice massimo
non fu certo l'Esercito... Ti scrivo con impeto e commozione intensa: sono in
una piccola tana a pochissimi passi dal nemico, in uno dei più importanti
baluardi d'Italia. Questa pagina che potrà anche essere il mio testamento
spirituale, non può non essere sincera. Se così non pensassi
preferirei tacere. Ma ho voluto, ancora una volta,
dirti tutta la mia fiducia inalterata. No, non mi sono sbagliato.
All'Italia è riservato un grande avvenire. Questo è l'estremo
grido della mia fede!”
Il Sacrario militare italiano di Nervesa della Battaglia
Nel secondo ripiano sono scolpite le motivazioni alle tre
Medaglie d’Oro al V.M. Alessi, Bongioanni, Lama, i cui resti sono custoditi nel
Sacrario.
681.000 morti, centinaia
di migliaia di poveri resti, oltre 3.000 cimiteri di guerra, molti dei quali in
zone impervie e abbandonate o di proprietà di privati.
Anche i cimiteri di
guerra, sparsi fra le doline (dolina è una conca chiusa, parola Slovena che
significa valle) del Montello, subiscono questa
evoluzione. Subito dopo la guerra furono raccolte in
alcuni cimiteri militari, più vasti e meglio organizzati, tutte le salme che –
nella concitazione della battaglia – avevano trovato pietosa sepoltura nei più
svariati luoghi: accanto a un cimitero civile, dietro la chiesa o una casa, sul
fondo di una valletta o di una buca di granata.
Così a Giavera v’era il cimitero intitolato alla memoria della Medaglia d’Oro
Guido Alessi e dedicato “agli Eroi del Montello”, con 1.077 Salme di militari
italiani e 580 di austriaci.
Tomba
del Verano.
La
tomba della famiglia Alessi, in cui riposano i resti del papà di Guido, Alessio
Pio, si raggiunge dall’ingresso di Via Tiburtina, Piazzale delle Crociate, è
situata nel Reparto ex Evangelici, numero 200, Fila 1,
a sinistra, subito dietro il riquadro 98, vicinissima alla fermata 15
dell’autobus ATAC interno al Cimitero. Guido Alessi non è sepolto a Roma, ma
riposa come abbiamo detto, nel Sacrario Militare italiano di Nervesa della Battaglia. Sulla
lapide al Verano è incisa questa frase: “in memoria di Guido Alessi, Tenente del 39°
Fanteria, caduto sul Montello. Le ceneri ne coglie
Nervesa della Battaglia, Roma madre lo spirito immortale”.
Nella sua Roma oggi esiste una scuola intitolata a
Guido Alessi, con il suo busto bronzeo che campeggia nell’atrio. Negli
ottant’anni della sua esistenza generazioni di bambini hanno studiato, giocato e
sono cresciuti nella scuola che porta il suo nome. Centinaia di bambini e
bambine che sono diventati uomini e donne liberi.
Una piccola curiosità = Le “prese” del Montello
Sul Colle del Montello sono state
realizzate le “prese”, cioè delle stradelle che lo “affettano”
in senso longitudinale. Sono il risultato del controllo del territorio
forestale impostato dalla Serenissima Repubblica di Venezia fin dal 1400 e
della definitiva lottizzazione avvenuta a fine '800. Con la lottizzazione
'Bartolini' del 1892 la rete viaria del Montello ha
assunto l'attuale definitiva conformazione. Il colle è stato suddiviso in 21 strade d'accesso, le “prese” per l'appunto, che lo attraversano
da parte a parte in senso nord-sud ed una strada “dorsale” che lo attraversa
completamente, collegando tutte le “prese”, in senso est-ovest, da Nervesa
della Battaglia a Biadene.
Ognuna delle “prese” è
dedicata ad un eroe della prima guerra mondiale. La numero 2 è intitolata alla nostra MOVM Guido Alessi.
Il tratto nord è di km 1,8:
sterrata dal fondo buono e pendenze non eccessive; quello sud è di km 1: molto
ripida all'inizio, asfaltata, poi meno ripida e
sterrata.
LA STORIA DELLA SCUOLA GUIDO ALESSI
Nel
La scuola fu intitolata alla medaglia d'oro Guido
Alessi, nato a Roma il 23 Maggio 1890 e caduto
sul Montello il 19 Giugno 1918 e nell'atrio fu posto un suo busto in
bronzo. La popolazione scolastica andò sempre più aumentando e nel
L'inizio del 2° conflitto mondiale non modificò, in
un primo tempo, la vita della scuola, con esclusione di alcune manifestazioni e
campagne legate al momento politico come: la "Raccolta dei rottami di
ferro" (febbraio '40), la "Giornata del fiocco di lana"
(novembre '41), la "Giornata della Fede" (dicembre '41), la raccolta
dei libri da inviare ai prigionieri di guerra tramite Croce Rossa
Internazionale (novembre '41),i "Ludi Juvenilis
della Cultura e dell'Arte" (gennaio '40 - febbraio '41), la proiezione di
film di propaganda come avvenne il 25
febbraio '41, quando allo Stadio Nazionale fu proiettata "La conquista
dell'aria" per tutti gli alunni della Guido Alessi. Il 20 Aprile '42 per i
mutilati ospiti della casa di cura Principessa di Piemonte, le alunne diedero vita ad uno spettacolo con cori, recita di versi e
balli folcloristici. Lo spettacolo fu ripetuto nel teatrino della parrocchia di
Santa Croce il 30 Aprile con la partecipazione delle famiglie degli alunni e
degli abitanti del quartiere. Il 6 Giugno 1940, fu
celebrata la "Giornata della Tecnica". La manifestazione si aprì
nella palestra della scuola con il coro delle alunne diretto dalla prof.ssa
Giulia Ruspantini, cui seguirono un discorso della Direttrice sul tema "Il
lavoro organizzato" e gli interventi delle personalità politiche e della
scuola. Si passò quindi alla visita della mostra allestita al primo piano. Le
alunne, in divisa scolastica, con grembiuli bianchi e mezze maniche bianche, illustrarono ai visitatori le varie attività. In
occasione di questa giornata furono stanziati premi in denaro a favore di
quelle ragazze che si fossero particolarmente distinte per diligenza, impegno e
capacità. L'anno scolastico 1939-40 terminò il 31 maggio e, dato lo stato di
guerra, non vi furono prove di esame, se non per i privatisti. Nel 1940-41, per
compensare la lunga pausa estiva, il calendario scolastico subì una riduzione
dei giorni di vacanza. L'orario prevedeva sei, sette ore giornaliere di lezione
di 45 minuti ciascuna, con breve intervallo di 15
minuti. Per il precipitare degli avvenimenti bellici le esercitazioni pratiche
di cucina e sartoria si ridussero e le lezioni ebbero solo carattere teorico.
L'anno scolastico si chiuse il 15 maggio. Il 4 maggio, in occasione della
Giornata della Tecnica la mostra di lavori fu più modesta
di quella dell'anno precedente. Negli anni 41-42 e 42-43 vennero
attivate numerose manifestazioni pro-combattenti e campagne varie per il
risparmio energetico e di materie prime, quali la campagna per economizzare la
carta. L'insegnamento della lingua straniera venne
soppresso. Il sabato pomeriggio in 4 aule della scuola
si sarebbero svolti Corsi di specializzazione Premarinara. L'inverno 1943 fu particolarmente freddo e per economizzare combustibile,
le vacanze natalizie furono protratte dal 20 dicembre al 14 febbraio. Durante
tale periodo gli insegnanti dovevano, a turno, riunire le alunne per
controllare lo svolgimento dello studio personale (revisione
dei programmi, letture religiose, ma anche visite alle Chiese e ai feriti). Gli
avvenimenti bellici incalzavano e il 2 maggio '43 la "Festa della
Tecnica" si svolse con la premiazione delle alunne meritevoli ma senza la
mostra. Il 19 luglio '43 Roma subì un bombardamento aereo con morti e
distruzioni. Vari locali della scuola Alessi furono requisiti dall'Ente
Assistenza di Roma e dall'Opera Nazionale Protezione Maternità e Infanzia che
vi alloggiò alcune famiglie di sinistrati cui, più tardi, se ne aggiunsero
altre provenienti dal sud, soprattutto dalla Campania e dal basso Lazio. La scuola di avviamento professionale femminile si ridusse a
soli quattro locali. Così ogni attività didattica sembrava compromessa. L'anno
scolastico terminò quasi all'improvviso il 29 aprile del '44. Nei primi mesi
dell'anno scolastico 44/45, le lezioni si svolsero in orario pomeridiano presso
la scuola Buonarroti di Via Campania. Il 22 gennaio si tornò in sede con due
turni: ore 9-12 e 14-17.
Gli anni del dopoguerra videro
il lento ritorno alla normalità con il totale sgombero dell'edificio che
nell'anno scolastico 51/52, accolse 52 classi elementari con un organico di 37
maestre e 15 maestri ed 11 insegnanti di scuola di avviamento. Nell'anno
scolastico 1961/62 in via Flaminia furono attivate due
prime di "Scuola Media Unificata Sperimentale Mista". Nella seduta
del 7 ottobre
61 la preside illustrò al Collegio dei Docenti le finalità della scuola
sperimentale, i programmi, le modalità del loro svolgimento. Parlò
dell'importanza del Consiglio di Classe, della
partecipazione attiva delle famiglie. Dopo il 1960, per venire incontro alle
esigenze degli abitanti del Villaggio Olimpico venne
aperta una succursale della scuola elementare con 16 classi funzionanti in
locali di fortuna, l'anno successivo furono costruiti tre padiglioni
prefabbricati. Dall'anno scolastico 1989-90 il 36° Circolo Didattico Alessi fu
aggregato al 3° Circolo Ronconi; nonostante le istanze,
le proteste, le manifestazioni di quartiere, la vecchia Scuola Elementare Guido
Alessi cessò di esistere autonomamente e divenne un plesso del 3° Circolo.
Anche la scuola media ha seguito la stessa sorte diventando succursale della
Scuola Media Ippolito Nievo. In questi ultimi anni la scuola ha continuato a
costituire un punto di riferimento per il quartiere anche per la presenza della
Biblioteca Comunale Flaminia (con ingresso in Via Fracassini).
A Monte Mario, 19° Municipio, c’è Via Guido Alessi , 00136 Roma