Quei Preti !! .. decorati.
Articolo
tratto dal giornale “Vita Nova”
Roma,
26 settembre 1917
Pubblicazione
a cura del Circolo S. Maria Liberatrice
Parrocchia
a Testaccio
Dall’ultimo numero del periodico “Il Prete al Campo”: Don
Giuseppe Rovati di Milano, cappellano militare in un
reggimento di fanteria e Don Giuseppe Piola di Genova, sono
stati decorati della medaglia d’argento al valor militare; Don Giovanni
Antonietti di Bergamo, Don Andrea Bagnoli di Novara, Don Luigi De Poletti di Roma, Don Giuseppe Francesco De Ruggero di
Stigliano, Don Giovanni Maria Donzelli di Arcene, Don
Silvio Dopi di Paladina, tutti cappellani militari di fanteria, sono stati
insigniti della medaglia di bronzo al valore con lusinghiere motivazioni.
Altri valorosi
Con R. Decreto 22 giugno 1917 il Re insigniva di motu proprio della decorazione di Cavaliere
della Corona d’Italia il sac. Don Saverio Mancuso,
cappellano all’Ospedale militare di Bengasi in considerazione di speciali
benemerenze acquistatesi sul teatro della guerra in Libia.
Per merito di guerra è stato promosso Capitano il sacerdote Tito
Neri di Città di Pieve, Ttenente di fanteria.
Morti e feriti
Fecero olocausto di lor fiorente
giovinezza alla Patria: il padre Bernardino Carelli OFM;
il chierico Francesco Paolo di Bitonto, Don Luigi Simondi
sottotenente di Colleretto Castelnuovo.
Sono stati feriti: il prof. Don Luigi Montini, cappellano,
proposto per la medaglia; fra Domenico Monti, cappuccino; il professo Stefano
Vitale, cap. magg.
Lettere dal campo
Zona di Guerra, 1 luglio 1917
D. Vanella Carissimo,
in risposta alla sua del 6 dello scorso mese, ho scritto, non
appena possibile, le impressioni provate in un’azione alla quale presi parte
con la brigata presso cui presto servizio. Non so se ciò sia adatta alla
pubblicazione; ad ogni modo giudichi e faccia ciò che la sua esperienza
suggerisce.
“L’artiglieria è da più ore in azione facendo cadere sulle
posizioni avversarie un uragano di ferro e di fuoco che sconvolge ogni cosa,
ponendo il terrore nell’animo del nemico. Arrampicati quasi su per l’erta della
montagna, stanno gli eroici alpini pronti a sostituire coloro che la Gloria
volle a sé, onorandoli del suo lauro immortale o sfiorandoli con le ali sue. Il
raccoglimento di quel momento nulla ha di invidiare a quello della Casa del Signore. E’ in quel momento che l’uomo, scosso spesso dal
rombeggiar del cannone, dal crepitar della mitraglia, dal sibilar dei
proiettili, dal frullio di una scheggia micidiale, vola col pensiero al
Creatore, alla madre lontana, a tutti gli esseri cari che, dalle fasce al
giorno in cui dalla Patria venne chiamato al
sacerdozio dell’arme, gli prodigarono cure affettuose, premunendolo dagli
assalti del male con la Fede del cristiano, con la speranza del Giusto, col
desiderio del Sacrificio pel bene della umanità oppressa. E’ in quel momento
che l’uomo, accovacciato tra le rocce delle Alpi nostre corrose dai secoli,
perennemente bianche, a pochi passi dal fratello in arme, assorto a respingere
gli esseri che osano calpestare il terreno della Patria, è in quel momento che
prega; prega pel trionfo della giustizia e, senza
debolezza, prega di poter rivedere i suoi. Mentr’egli è assorto nei suoi
pensieri e nella sua preghiera, si ode la lieta novella: i nostri vincono, la
posizione è occupata, bisogna sostituire gli eroici conquistatori. Una candida
libellula, trasportata dal soffio della estate passa
fra i valorosi che la voce della terra natale chiama, per occupare la vetta
poco prima calpestata dal nemico, ed essi, rassicurati dal lieto presagio vanno
fidenti in Dio e nella Vittoria. Cadon le penombre
della sera sui turriti bastioni d’Italia nostra; un passero esotico stordito
dal rumore della mischia, fugge starnazzando faticosamente le ali e l’artiglieria
diminuendo l’azione combattiva dà modo ai croce-segnati di portare ai posti di
medicazione i soldati dalle eroiche ferite, per dar campo a seppellire gli eroi
che immolarono la vita per la grandezza nazionale. Giù, in fondo alla vallata,
passa una lunga fila di prigionieri, mentre l’artiglieria
di linea risale il monte per appostare gli ordegni
che devono molestare a sangue il nemico in fuga.”
Grazie dell’elogio, immeritato, che ha fatto di me a mia madre, alla quale ha procurato grande soddisfazione. Ai principi
dei santi ideali, istillatimi dai miei genitori e dagli ottimi Salesiani, sarò
sempre coerente; e se per disgrazia dovessi in qualche modo forviare dal retto
sentiero, ben volentieri accetto il richiamo ed il
consiglio dei maggiori. Ossequiando il Rev.mo Parroco ed
inviando saluti fervidi a tutti gli amici, mi creda suo Dev.mo Secondo Cagnoli.
Zona di guerra 15.8.1917
Da giorni attendo l’arrivo di “Vita Nova” ma inutilmente. Forse
nuove restrizioni ministeriali sulla stampa?... Nello
scorso mese gli avevo scritto una lettera nella quale eravi
anche un raccontino episodico di guerra, da pubblicarsi sul giornaletto, ma non
ho avuto alcuna risposta: è forse andata perduta?
Da un mese circa mi trovo in un gaio paesello redento, lontano
dal pericolo e dove si può udire tutte le sere uno scelto programma musicale
che rallegra noi soldati. Quanti ricordi ridestano quelle note allegre e gravi
dei nostri musici sommi. Come è distante in quei
momenti la idea della guerra. Sulla piazza principale, di fronte alla Chiesa,
si agglomerano i soldati per udire più da presso le note magiche che richiamano
alla memoria momenti festanti, trascorsi in famiglia od
in compagnia degli amici. Il giorno 6 fui a trovare
mio fratello Emidio che sta bene e lo saluta. Assicurandolo del mio ottimo
stato di salute, mando saluti agli amici tutti, e
ossequi al Rev.mo Parroco. Lo saluta sentitamente il suo dev.mo Cagnoli.
P.S. Sono certo che lei avrà la
direzione della cassa prestiti; lo pregherei volermi mandare lo statuto o
quelle indicazioni necessarie perché io possa concorrere in tale opera.
Ospedale da Campo 245 – 5.9.1917
Eccomi nuovamente a darle mie notizie.
Come vede però, non è più dal reggimento che le scrivo, ma da un grazioso
ospedaletto da campo, situato sulla destra dell’Isonzo, in una pittoresca
collina che mi fa dimenticare, talvolta, alcune visioni di guerra … Le ragioni
per cui mi trovo ricoverato forse le saranno note. Sono stato ferito la sera
del 31 agosto all’assalto del Monte S. Gabriele. Vorrei raccontarle minutamente
come si svolse l’azione che ci fruttò parecchi prigionieri e
la conquista d’importanti capisaldi nemici, ma per ragioni che lei sa, non
posso narrarle tutto. Soltanto sappia che il valore dei nostri soldati fu quel
giorno “semplicemente sublime”. Ogni ondata che si slanciava all’attacco era un
soffio di gloria che superava le linee nemiche e che vi si affermava saldamente,
ed ogni fante che cadeva era un incitamento di
rivendicazione. Io con la mia sezione mitragliatrice ero della prima ondata e
di sorpresa, unitamente ad altri reparti, si arrivò nella prima linea
austriaca, intimando con scariche di bombe a mano la resa ai difensori. Lo
sgomento del nemico fu enorme; si arresero a centinaia e noi li inoltrammo così
verso le nostre retrovie. Si attaccò senza fermarsi la seconda linea austriaca
che fu superata brillantemente come la precedente, sebbene questa volta il
nemico opponesse tenace resistenza, subito infranta dal valore dei nostri.
Mentre eravamo intenti a rafforzarci, l’artiglieria austriaca cominciò a fare
un tiro di sbarramento onde impedire il cammino
vittorioso dei nostri; fu allora che venni ferito. Una pallottola di “dhrappel” mi colpiva al gomito sinistro conficcandosi
dentro; in quel momento provai un acuto dolore, poi data
l’enorme perdita di sangue, mi accinsi al ritorno nelle nostre linee. Un
violento contrattacco nemico mi sorprese in una caverna mentre mi medicavo. Si
era quasi tutti per cadere prigionieri quando un rincalzo giunto in tempo fece
in tempo a contrattaccare nuovamente e sbaragliare
così il nemico che si dette alla fuga. Fu un momento quello, veramente
emozionante. La vista degli austriaci in fuga, rendeva i nostri soldati
infrenabili e a stento potemmo calmarli. Dopo una sosta di parecchie ore fui
trasportato in questo ospedaletto dove ricevetti le
prime cure. Infatti oggi, dopo dolore immenso mi hanno
estratto il proiettile dal gomito e spero presto, se non avvengano
complicazioni, di rimettermi e di riabbracciare i miei. In seguito lo terrò
continuamente informato. Termino, per ora, sperando presto poterci rivedere onde trascorrere qualche lieta giornata che mi distoglierà
dai tanti pensieri e mi renderà più allegro. Abbracci cari ai
soci del Circolo, a lei affettuosissimi saluti sinceri e fervidi. Suo
Dev.mo Arcangelo Curatolo.